Sono le otto a Predazzo, in Val di Fiemme, e dopo il canto dell’Ave Maria, giunge il momento tanto atteso da tutti gli abitanti del paese: sui fianchi delle montagne si dà il via ad enormi falò che, insieme alla luna e alle stelle, illuminano il buio della notte e squarciano il freddo autunnale. Un rito che si ripete da secoli, ogni volta l’11 novembre, per celebrare la festa di San Martino. Suggestione, magia, bellezza: è un evento che porta con sé una forte carica ancestrale tra le tradizioni contadine di una volta e le tramandate leggende di streghe e maligni.
I rioni di Predazzo fanno a gara a chi accende il fuoco con le fiamme più alte; legna e rami secchi vengono raccolti nei boschi in gran segreto durante le settimane precedenti alla ricorrenza. Ma la festa non è finita qui. A mano a mano che il falò cresce, cresce anche il suono di enormi campanacci agitati avanti e indietro dagli uomini e dai ragazzi della valle. Sono tantissimi e iniziano a scendere dalla montagna per unirsi agli altri. Non importa con cosa, l’importante ora è fare rumore: c’è chi percuote un tamburo, chi un recipiente di latta, chi pesta sulla strada con gli zoccoli, chi soffia in un fischietto. Il corteo rumoroso sfila per le vie del paese fino a giungere in centro.
Ci si ritrova tutti in piazza SS. Filippo e Giacomo per chiacchierare, scaldarsi con un bicchiere di tè o di vin brulé e infine darsi la buona notte. È l’ultimo grande evento dell’autunno che saluta la stagione e segna la fine del lavoro nei campi. L’inverno è alle porte e la speranza è che la prossima annata sarà ancora fertile e produttiva.
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