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Natura trentina

Sapori d’altri tempi: la ciuìga, il salame con le rape di Senaso

Prendi la Valle d’Ambiéz, con i suoi 1.200 abitanti tra case contadine millenarie ancora ben conservate e il  prodotto tipico a base di carne e rape ed ecco uno dei borghi più belli d’Italia: San Lorenzo in Banale.
Stretto fra il sole e le Dolomiti del Brenta, questo paesino nasce dall’unione di sette Ville (Dolaso, Pergnano, Prato, Prusa, Berghi, Glolo, Senaso); attraversarle tutte significa percorrere un dislivello di quasi tremila metri immaginando i versanti della valle ricoperti delle colture di una volta, quando la natura regalava uve, fichi, pesche, e a salire patate, mais, cereali fino al fieno che si ricavava dai prati delle alture dove la gente del posto lavorava fino a notte fonda, tanto che nei dintorni si diceva “Quei da Banal, che a mezanòt i e ‘mpè” (“Quelli di Banale, che a mezzanotte sono in piedi”).

La storia contadina del borgo non è andata perduta, anzi è raccontata all’interno di Casa Osei (un’abitazione signorile del XVI – XVII secolo) attraverso la mostra etnografica permanente Casa del Parco “C’era una volta, che raccoglie gli oggetti di uso quotidiano di un tempo, da quelli domestici a quelli del lavoro agricolo. È Casa Mazoleti però la più fotografata, un’abitazione privata esempio perfetto di architettura rurale, con le cantine e le stalle del piano terra, le stanze del primo e, scala dopo scala, le aie, i depositi di fieno e quelli per l’essiccazione della paglia collegati da rampe carrabili. L’itinerario tra le ville è un susseguirsi di chiesette dalle pitture cromatiche (come quella dei Santi Rocco e Sebastiano a Pergnano) e capitelli (sono in tutto dodici edicole votive a cui la popolazione affidava preoccupazioni e preghiere), strade segnate dai solchi delle slitte e un santuario dedicato alla Madonna di Caravaggio. Tappa imperdibile è Senaso dove resiste ancora la tradizione della ciuìga: qui esperti affumicatori confezionano nella stagione fredda il tipico salame con le rape.

Oggi presidio Slow Food, la ciuìga viene prodotta con il 70% di carni suine scelte e il 30% di ortaggi, ma la sua ricetta originale di piatto umile dell’Ottocento prevedeva invece meno scarti di maiale e abbondanza di rape bianche, cotte e tritate. Alla ciuìga, che per la sua forma prende lo stesso nome dialettale di una pigna d’abete, è dedicata una sagra a novembre, un’occasione per gustarla abbinata magari a patate lesse e cicoria, oppure affettata sulla pizza e, perché no, accompagnata da un buon bicchiere di Marzemino!

www.prolocosanlorenzoinbanale.it

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